Gli italiani non sono razzisti, ma..!

Sono nato in Germania, precisamente a Esslingen am Neckar, perché nel 1959 mio padre emigrò per lavoro e ci rimase per 14 anni. Rientrò a Poggiorsini nel 1973, il richiamo della terra natìa fu più forte della stabilità economica teutonica. Rifiutò anche un posto in Fiat a Torino che allora voleva significare una pensione e la vecchiaia assicurata. Durante la sua permanenza all’estero, da immigrato, lavorò in fabbrica e fu pagato come un tedesco, ed oggi percepisce una pensione mensile per ciò che gli fu versato dalle aziende che l’avevano assunto. Mia madre invece accettò una buona uscita per i suoi 5 anni di lavoro, null’altro a pretendere. Allorquando, oggigiorno, un italiano emigra all’estero diventa straniero alla stregua di un tunisino, un somalo o un rumeno e quando arriva in America o in Australia, ad esempio, è sottoposto ad un terzo grado dal controllo immigrazione del paese ospitante per capire che cosa ci è andato a fare realmente. Se ha un lavoro, se ha un alloggio, etc…un controllo preventivo.

Ho voluto fare questa premessa per dirvi che se una persona arriva in Italia per lavorare percependo gli stessi emolumenti degli italiani, gli stessi oneri contributivi, sottoponendosi agli stessi doveri di tutti i cittadini, è giusto che goda degli stessi diritti, anche se, vale la pena sottolinearlo, in Italia i diritti scemano sempre più e spesso sono spacciati come favori. Il problema vero, che l’ipocrisia dilagante e il falso perbenismo di molti confinano nel non detto, è che in Italia non è sempre così. Molti imprenditori, infatti, sottopagano gli immigrati facendo scadere la qualità del lavoro di tutti e alimentando una guerra tra poveri. Così succede che un italiano eviterà di andare a fare certi lavori in campagna, piuttosto che altrove, per non sentirsi sfruttato a casa sua. Si arriva al paradosso che, da italiani, si preferisce cadere in povertà cercando sostegno nell’inadeguato welfare, anziché accettare 25 euro al giorno per un lavoro precario e spesso remunerato a nero da un caporale. Meglio poveri che schiavi, abbiamo una dignità che non ci consente di andare oltre. I nostri poveri, però, a confronto di coloro che vengono a cercare fortuna in Italia scappando da miseria o guerra, diventano improvvisamente più ricchi e più orgogliosi, perché lavoricchiano, hanno l’aiuto dei nonni, magari hanno solo due figli, un piccolo appartamento con il mutuo e una macchina. Improvvisamente il loro ISEE risulterà più alto di quello di un immigrato e così succede, per esempio, che quando l’ADISU pubblica le graduatorie per assegnare gli alloggi studenteschi, non c’è da meravigliarsi se per trovare il primo cognome italiano devi scorrere oltre cento posizioni. Se andiamo negli hotel, nelle cucine dei ristoranti, nei minimarket delle grandi città o nelle stalle, ad esempio, ci ritroviamo un melting pot sotto pagato, salvo poi sentirci dire da qualche radical chic che gli italiani non vogliono fare più certi tipi di lavori. Ma per favore, se fossero pagati in ossequio al CCNL, sono certo che ci sarebbe stata la fila. Per non parlare di tutte le badanti georgiane che fanno assistenza h24 al costo di un turno lavorativo per campare le loro famiglie lontane, ma che tolgono un lavoro dignitoso ai nostri OSS che sono mariti, mogli, padri e madri. Una necessità per gli italiani che, presi dalla loro difficile quotidianità, devono sopperire con le misere pensioni dei congiunti alle carenze dell’assistenza domiciliare pubblica. Emblematico il caso degli assegni sociali concessi dall’Inps agli albanesi che lasciano la residenza da parenti in Italia pur vivendo oltre adriatico. Insomma, siamo un popolo di furbi per i furbi. Se poi un italiano non versa contributi per almeno vent’anni non ha diritto a nessuna pensione e la moglie, casalinga, l’assegno sociale non può percepirlo perchè la misera pensione da artigiano del coniuge, diciamo 800/900 euro mensili, con la casa di proprietà, faticosamente acquisita, unitamente alla comunione di beni fa superare il reddito. Ma vi pare normale? Se in una nazione non c’è controllo ma senso di impunità, se lo Stato non elimina le storture e gli escamotages, gli imprenditori nostrani che fanno i furbi, talvolta per sopravvovere, troveranno sempre risorse umane da sottopagare, alimentando una spaccatura che porterà sempre più ad un razzismo di sopravvivenza. Se in Italia non funziona la Giustizia, è chiaro che molti verranno a delinquere qui perché le patrie galere non le vedranno quasi mai o solo per una notte, a differenza dei loro paesi di origine.

È evidente che se, invece, vivi di espedienti sarai costretto spesso a barcamenarti, a bivaccare per strada o presso connazionali in appartamenti sovraffollati, a vivere in tuguri o baraccopoli, a lavorare in nero e a poco prezzo, a trasferire soldi al tuo paese perché un giorno vorrai tornarci e ritrovarti una casetta, ma nel frattempo sarai costretto a dare un immagine di degrado che non ti si addice e che, involontariamente, porta ad alimentare un razzismo inespresso che cova sotto le meningi. Se la Lega raddoppia i suoi voti in otto mesi puntando il dito contro questa situazione, certamente aiutata dell’ipocrisia di sinistra che sale sulle navi e da una magistratura sempre meno credibile che indaga su di lui, è chiaro che gli italiani in cuor loro la pensano così come ho descritto. Meglio essere farisei, sepolcri imbiancati, piuttosto che schierarsi apertamente, ma nel silenzio dell’urna o dei pensieri poi, ognuno si sente libero di essere se stesso. In questo senso siamo diventati razzisti, non è il colore della pelle a infastidirci, il popolo italiano è tra i più accoglienti e socievoli, ma questo malcostume che i furbi utilizzano per massimizzare i profitti, spalmamdo i costi sociali sulla collettività e alimentando un clima di odio, sta facendo degenerare tutto. Mors tua vita mea!

Bisogna rimuovere le cause, gli effetti sono solo una conseguenza. Non serve scendere in piazza per sentirsi affrancati in coscienza, bisogna semplicemente che si diventi tutti più onesti e sinceri con se stessi!

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