Centri diurni di riabilitazione a rischio chiusura.

Ieri, in compagnia di Leonardo Donno e Cataldo Dino Mininno, sono stato a Galatina per raccogliere il disagio di 23 lavoratori dei sei centri diurni di riabilitazione psichiatrica pubblica a rischio chiusura e a certa privatizzazione. Operatori che, nonostante contratti cococo da 12 a 24 ore settimanali, da vent’anni assicurano con la loro abnegazione un servizio umanizzante, che ha azzerato i TSO, a quanti vivono il problema della salute mentale. Oggi, invece, sono stato a San Severo, invitato dal movimento di Psichiatria Democratica, per registrare lo sconforto di psicologi, psichiatri, assistenti sociali e altre figure che non trovano interlocutori apicali che li ascoltino. Si è parlato dello stato di abbandono in cui versano i centri di salute mentale che non riescono a garantire centri diurni h12 per carenza di personale, dell’utilizzo inappropriato degli SPDC(servizi psichiatrici di diagnosi e cura), l’abuso disumano della contenzione, della mancanza di almeno una residenza pubblica h24 per Asl, dei laboratari artigianali non attrezzati e della scarsità di fondi atti a garantire la terapeutica socializzazione. Gli addetti ai lavori si arrangiano come possono per offrire un’assistenza adeguata, visto che la maggior parte dei fondi finiscono nel privato profit. Nel CSM di Bari, ad esempio, solo 300 dei 4100 utenti sono ospitati in strutture private ma assorbono la maggior parte dei capitoli di spesa a detrimento della qualità e dell’efficienza dei centri pubblici che man mano si chiudono o si riducono, spesso, a meri ambulatori costretti a fare diagnosi. È il fallimento delle direzioni dipartimentali.

A quarant’anni dalla180, Legge Basaglia, siamo passati dai manicomi di allora alle strutture pesanti di oggi, ai reparti ortofrenici come la Divina Provvidenza di Bisceglie, dove pazienti come Nunzia Cariglia, da quasi sessant’anni, non hanno neanche diritto al medico di famiglia e all’assistenza primaria, figli di nessuno che vanno a binario morto nel silenzio più assordante. A nulla sono valsi i miei tentativi istituzionali di dar loro voce e di far istituire dal governo Emiliano i percorsi riabilitativi e terapeutici individualizzati, il regolamento per i centri autogestiti come Piazza Grande di Santeramo e il Marco Cavallo di Latiano, il budget di salute per il reintegro e il recupero dei disadattati, le residenze assistite previste da DGR del 2014 e tutte le attività tese al recupero del paziente hanno lasciato il passo al business della cronicizzazione e della retta.

In due giorni ho percorso 1000 chilometri per comprendere ancora meglio ciò che già conoscevo, la sanità è un affaire per pochi a danno di tutti. Una politica clientelare, con la complicità dei cittadini tutti che sono i veri mandanti morali, ha imparato bene a privatizzare i profitti verso gli amici e a socializzare le perdite spalmandole sulla collettività. Chi me lo fa fare? La certezza che non tutto è perduto e che, forse, un giorno ce la faremo a mettere al centro i bisogni della gente. Forza e coraggio!!

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